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Conformità urbanistica e catastale di un immobile

Pubblicato da Vito il 6 Giugno 2020
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Conformità urbanistica e catastale

Con il termine conformità in ambito tecnico si intende che quanto è stato costruito è stato realizzato in modo corretto, seguendo un progetto ben preciso.

Quindi tutti gli elementi che compongono l’edificio (stanze, porte, finestre ma anche superfici, altezze ecc.) devono corrispondere perfettamente a quanto riportato nel disegno del progetto.

Un immobile quindi si può dire conforme solo se è stato costruito seguendo il progetto in modo corretto.

Il primo errore che tutti fanno è pensare che la conformità sia un’unica cosa.

La conformità urbanistica e la conformità catastale riguardano due aspetti diversi e distinti.

Riguardano infatti due progetti diversi, depositati in due posti diversi e con un valore molto diverso uno dall’altro.

Conformità urbanistica

La legge n. 1150/1942, la cosiddetta “legge quadro sull’urbanistica” introduce per la prima volta il titolo abilitativo, necessario per la realizzazione di un’opera: la Licenza Edilizia. Successivamente interviene la cosiddetta “Legge Ponte” del 1° settembre 1967, che viene ricordata soprattutto per l’introduzione degli oneri di urbanizzazione.

Si passa poi alla “Legge Bucalossi” la n. 10/1977 che ci presenta la “Concessione Edilizia”, con l’introduzione del costo di costruzione. Si prosegue con “l’era dei condoni edilizi” rispettivamente del 1985,1994 e 2003, passando per il Permesso di Costruire, per gli edifici edificati dopo il 30.06.2003 con il Testo Unico DPR380/01. L’ultimo dispositivo in materia urbanistica è il decreto legislativo 25 novembre 2016 n. 222 che di fatto fanno scomparire definitivamente la DIA, la super DIA e la CIL. Restano in piedi 5 titoli abilitativi:

  1. edilizia libera (senza necessità di alcun titolo)
  2. CILA (comunicazione inizio attività asseverata)
  3. SCIA (segnalazione certificata di inizio attività)
  4. super SCIA (segnalazione certificata di inizio attività alternativa al permesso di costruire)
  5. PdC (Permesso di costruire)

Tutti i testi suesposti trattano l’argomento legato alla conformità urbanistica; ciò sta a significare che i testi legislativi di cui sopra hanno introdotto l’obbligatorietà digitare negli atti di trasferimenti tra soggetti vivi, siano essi persone fisiche e/o giuridiche, l’elenco di tutti quei documenti che hanno permesso la realizzazione e/o la trasformazione di un’unità immobiliare.

Ecco quindi che a seconda dell’epoca di riferimento si devono citare negli atti notarili: licenze edilizie, concessioni edilizie, autorizzazioni edilizie, concessioni edilizie in sanatoria, comunicazione di esecuzione di opere interne, comunicazione di inizio lavori, comunicazione di inizio lavori asseverata, segnalazione asseverata di inizio attività, denuncia di inizio attività, permessi di costruire, ecc., ma non solo! Il legislatore chiede (attraverso la dichiarazione dell’intestatario del bene) la dichiarazione della corrispondenza tra quanto riportato nei documenti allegati agli atti autorizzativi di cui sopra, e lo stato di fatto del bene oggetto di trasferimento.

è evidente, se non altro per una legittima questione di competenze, che il Notaio, che durante la stipula del documento traslativo assume il ruolo di pubblico ufficiale, non è responsabile di eventuali false dichiarazioni da parte del venditore. In tal caso, ovvero per tutelare il futuro acquirente, è bene che chiunque abbia interesse affinché il passaggio di proprietà avvenga nei modi corretti (in primis l’intermediario che ha permesso di trovare l’accordo tra venditore e acquirente) si tuteli (e con lui anche gli altri soggetti interessati) affidando ad un tecnico esperto in materia urbanistica, la verifica che quanto dichiarato nella documentazione depositata presso gli uffici tecnici comunali, sia conforme allo stato edificato degli immobili oggetto di compravendita.

Conformità catastale

La legge 30 luglio 2010 n. 122 (“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”), ha introdotto l’obbligo di inserire in atto una specifica dichiarazione denominata, conformità catastale.

Anche in questo caso si tratta di una dichiarazione dove, l’intestatario del bene oggetto di trasferimento attesta l’esatta corrispondenza dello stesso; cioè la coincidenza (in termini grafici, di intestazione e di contenuto) tra quanto riportato sui documenti depositati presso l’Agenzia delle Entrate Ufficio Territoriale (le cosiddette mappe e planimetrie catastali) e (in termini di consistenza) lo stato in cui si trova l’immobile.

La perfetta corrispondenza tra lo stato di fatto di tutte le porzioni dell’immobile oggetto di trasferimento, rispetto sia alle pratiche edilizie che a quelle catastali, è oggi non solo norma legislativa da rispettare (per non incorrere – è bene sapere – in abusi edilizi da sanare o da demolire), ma un preciso impegno deontologico da parte del professionista.

Ultima nota è La circolare n. 2/2012 dell’Agenzia del Territorio; la stessa ha precisato che: non hanno rilevanza catastale le lievi modifiche interne, quali lo spostamento di una porta o di un tramezzo che, pur variando la superficie utili dei vani interessati, non variano il numero di vani e la loro funzionalità. Comportano, invece, l’obbligo di presentazione della dichiarazione di variazione l’effettuazione di interventi con cui si realizza una rilevante redistribuzione degli spazi interni, ovvero si modifica l’utilizzazione di superfici scoperte, quali balconi o terrazze.

Verifiche in fase di Rogito da parte del Notaio

Il notaio deve invece verificare direttamente, sotto la propria responsabilità, la corrispondenza tra l’intestazione catastale dell’immobile e i diritti risultanti dai registri immobiliari. In caso di difformità, occorre aggiornare la situazione catastale prima del rogito, eseguendo il cosiddetto “preallineamento”, se le volture dei passaggi precedenti erano state presentate ma non recepite dal catasto, oppure presentando le volture catastali che a suo tempo erano state omesse. A tutto questo può provvedere il notaio, a spese del venditore. Solo in casi particolari, quando un intervento preventivo di allineamento catastale non è attuabile, l’allineamento potrà avvenire dopo il rogito, contestualmente alla voltura catastale dell’atto eseguita dal notaio mediante il cosiddetto “modello unico”, ma sempre a spese del venditore (Circolare Agenzia del Territorio n. 2 del 9 luglio 2010).

Le nuove norme, oltre che alle compravendite, si applicano a tutti gli atti che trasferiscono la proprietà di un fabbricato (per esempio le donazioni e le permute), agli atti che costituiscono o trasferiscono un diritto reale (per esempio l’usufrutto o la nuda proprietà), alle costituzioni e modifiche di servitù e alle divisioni. La legge di conversione ha invece espressamente escluso dall’applicazione delle nuove norme gli atti che costituiscono, modificano o estinguono ipoteche, che invece erano compresi nella definizione originaria del decreto entrato in vigore il primo luglio 2010. Oggi, pertanto, non è più obbligatorio regolarizzare la situazione catastale del fabbricato per poter ottenere un mutuo ipotecario.

Le nuove regole fanno riferimento a tutti i “fabbricati già esistenti” e alle “unità immobiliari urbane”. L’Agenzia del Territorio (Circolare n. 2 del 9 luglio 2010) ha chiarito che si intendono dunque esclusi dalla nuova normativa:

– le particelle censite al catasto terreni;

– le aree urbane e il lastrici solari, iscritti al catasto fabbricati con indicazione della sola superficie (ai sensi dell’art. 15 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 650);

– i fabbricati iscritti in catasto come “in corso di costruzione” o “in corso di definizione”, sempre che non siano ancora stati ultimati o definiti;

– i fabbricati iscritti in catasto come “unità collabenti”, in quanto non più abitabili o utilizzabili per l’uso a cui sono destinati.

L’Agenzia del Territorio (Circolare n. 3 del 10 agosto 2010) ha precisato inoltre che si intendono esclusi dalla nuova normativa anche i cosiddetti “beni comuni non censibili”, cioè i beni comuni a più unità immobiliari e privi di rendita catastale, come per esempio scale, androni, aree comuni di passaggio, cortili condominiali, che non presentano un’intestazione catastale e per i quali non è neppure prevista la redazione di una planimetria. Le nuove regole si applicano invece ai cosiddetti “beni comuni censibili”, come per esempio l’alloggio del portiere, che pur essendo comuni a tutti i condomini hanno una rendita catastale, e per i quali la planimetria deve essere depositata in catasto.

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