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Affitto di fondo rustico Legge 203/1982 – Norme del Contratto

Pubblicato da Vito il 18 Marzo 2020
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Affitto di fondo rustico Legge 203/1982, è il contratto di affitto di fondo rustico tipico originariamente disciplinato dagli articoli 1628 e seguenti del Codice civile.

Tali norme, pur non essendo state espressamente abrogate, devono ritenersi di fatto sostituite, almeno nella gran parte, dalle disposizioni contenute nella Legge n. 203/1982 .

L’affitto di fondo rustico è un contratto consensuale che si ritiene concluso solo nel momento in cui le parti (concedente ed affittuario) manifestano il reciproco consenso all’accordo.

Oggetto del contratto di affitto è il fondo, superficie di terreno comprensiva della propria profondità (nel limite in cui è concretamente utilizzabile per la coltura) nonché dello spazio sovrastante.
Il fondo è, infatti, il bene che il concedente pone nella disponibilità dell’affittuario, cui trasferisce il potere di gestione della terra per un periodo temporale predeterminato.

In materia di affitto di fondo rustico, l’art. 4-bis della Legge n.203/1982 attribuisce, al precedente affittuario, il diritto di prelazione nel caso in cui il proprietario voglia continuare ad affittare il terreno agricolo.

Solitamente, la decorrenza del contratto di affitto di fondo rustico è fissata all’inizio dell’annata agraria, ossia l’11 novembre, e termina il 10 novembre della quindicesima annata agraria (sesta per l’affitto particellare).

Per anno, o annualità, si intende pertanto l’annata agraria e la legge non ammette la possibilità che le parti stabiliscano una decorrenza diversa, fatto salvo un eventuale accordo in deroga ex art. 45 della Legge 203/1982.

La durata minima legale

Il contratto di affitto di un fondo rustico, stipulato tra il proprietario del fondo e un coltivatore diretto senza assistenza sindacale, ha una durata minima predeterminata alla legge e pari a non meno di 15 anni . Alla scadenza, il contratto si rinnova in automatico di ulteriori quindici anni e così, parimenti, ad ogni successiva scadenza, di ulteriori periodi di quindici anni ciascuno, a meno che una delle parti non abbia comunicato all’altra la disdetta, a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno,raccomandata a mano con firma per ricevuta o pec e con un preavviso di almeno un anno (la raccomandata con la comunicazione della disdetta deve cioè essere ricevuta dall’altra parte almeno un anno prima del termine di scadenza, originario o prorogato, del contratto.Nei contratti stipulati senza l’assistenza sindacale quindi, le parti di un contratto di affitto agrario restano legate per almeno 15 anni, e solo allo scadere del 14esimo anno, decorso inutilmente il termine per la disdetta, potranno avere la certezza che l’affitto si rinnoverà per un nuovo periodo di 15 anni.Questo vale anche nel caso di affitti “verbali” in caso di disaccordo delle parti sulla durata verbalmente pattuita. Se la parte proprietaria consente a un altro soggetto di condutrre il suo fondo e ne accetta un corrispettivo e la parte coltivatrice conduce il fondo e per questo paga un corrispettivo è evidente l’esistenza fra le parti di un contratto di affitto.

 La durata minima e massima effettiva (con i patti in deroga)

Fatto salvo il limite massimo di durata di un contratto, fissato in 30 anni, non esiste un limite per la durata minima tranne quella atta a consentire il compimento del ciclo biologico della coltura praticata sul fondo (ad es. per le nostre colture arboree specializzate, melo e vite, almeno 1 annata).

Al termine del contratto, in mancanza di rinnovo, se il concedente intende riaffittare il fondo, l’affittuario ha diritto di prelazione a parità di condizioni con altre offerte ricevute dal concedente.

Iter procedurale da seguire per esercitare il diritto di prelazione:

  • il concedente deve comunicare all’affittuario, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, l’offerta ricevuta;
  • l’affittuario deve comunicare al concedente , con le medesime modalità ed entro 45 giorni, l’esercizio del diritto di prelazione, offrendo condizioni identiche.

L’offerta del concedente può consistere anche nella trasmissione di un accordo stipulato ai sensi dell’art. 23 della Legge n. 11/1971 (denominato anche “ex art. 45”) tra concedente e promissario affittuario, accordo che dovrà ovviamente contenere la clausola di prelazione con effetti risolutivi.

Qualora il concedente abbia affittato il fondo a terzi entro i sei mesi successivi alla scadenza del contratto, omettendo di darne comunicazione all’affittuario, questi può esercitare la prelazione entro il termine di un anno dalla scadenza del proprio contratto.

Il diritto di prelazione non spetta nei seguenti casi:

  • risoluzione del rapporto per grave inadempimento dell’affittuario;
  • l’affittuario ha esercitato il diritto di recesso unilaterale, così come disposto dall’art. 5 della Legge 203/1982.

 

NB:

Tutti i contratti di locazione e affitto di beni immobili (compresi quelli relativi a fondi rustici e quelli stipulati dai soggetti passivi Iva) devono essere obbligatoriamente registrati dall’affittuario (conduttore) o dal proprietario (locatore) qualunque sia l’ammontare del canone pattuito. L’unico caso in cui non c’è l’obbligo di registrazione è relativo ai contratti che non superano i 30 giorni complessivi nell’anno.

In generale, per la registrazione dei contratti di locazione, che deve essere effettuata entro 30 giorni dalla data di stipula o dalla sua decorrenza (se anteriore), è possibile far riferimento a queste regole generali.

Per le locazioni fra privati di immobili abitativi, locati a uso abitativo, c’è anche la possibilità di optare per la cedolare secca, un regime facoltativo che prevede il versamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef, delle addizionali (per la parte derivante dal reddito dell’immobile), nonché delle imposte di registro e di bollo, ordinariamente dovute sul contratto di locazione.

 

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